La mia prima sconfitta lavorativa – Capitolo 8

Non è semplice parlare dei propri fallimenti, eppure dobbiamo. Serve ad esorcizzarli, a capire effettivamente che noi siamo essere umani e come tali possiamo sbagliare, o almeno capire che bisogna saper fare un passo indietro.

Sbattere ripetutamente contro un muro sperando si possa abbattere è da stupidi.

Ci troviamo in piena ripresa pandemica e in pieno fermento dai bonus edilizi (discorso a parte che non penso di approfondire ulteriormente, oltre che a citarli). È il mio terzo Progetto di nuova edificazione, il secondo ad essere cantierizzato1; il primo, ma veramente il primissimo, che feci non ha mai visto la luce (di questo penso che ne parlerò in un altro capitolo). La fase di progettazione è stata abbastanza tribolata in quanto il Comune di riferimento era in dissesto e l’ufficio tecnico lottava tra denunce e accessi agli atti. Effettivamente il periodo Superbonus ha mandato in tilt molti piccoli enti sovraccaricandoli di richieste continue e, sotto organico, puoi immaginare il risultato.

Il primo progetto prevedeva una demolizione e ricostruzione con fronte allineato alla preesistenza, come da normativa:

Art. 2 bis, comma 1-ter:

“In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti.”

Eppure, svolti gli elaborati e presentata l’istanza di Permesso di Costruire per demo-ricostruzione ci venne dato il diniego in quanto, lo stesso ente, non recepì la norma che permetteva di allinearsi ai fronti che si andavano a demolire perché avendo dello spazio sul lotto era possibile spostare il sedime dell’Opera. Questo ci complicò non molto i nostri piani.

Immagina le tempistiche ristrette, la normativa che di settimana in settimana mutava, ed il cliente che non poteva vivere più in quella vecchia casa perché fatiscente e piena di muffa.

Così, nel giro di due settimane (ad oggi ancora mi chiedo come io possa aver fatto) rifeci un progetto dalle ceneri del precedente, conformato ad un lotto stretto, spigoloso e in pendenza. Eppure ci riuscì, la casa del mio Cliente, su carta, era un piccolo gioiellino dati i vincoli. Aggiornammo l’istanza e attendemmo. Dopo due mesi e mezzo applicando svariate pressioni con visite “tecnico-tattiche” all’ufficio urbanistico per dare un po’ di ansia all’istruttore tecnico della pratica, ottenemmo l’autorizzazione a costruire.

Progetto iniziato ad estate 2021, presentato in prima istanza a Dicembre 2021.
L’aggiornamento del progetto e dell’istanza fece slittare l’autorizzazione che arrivò in estate 2022.

I problemi, però, non furono risolti lì ma le rogne arrivarono con le imprese di costruzione che scappavano e non volevano “accollarsi” il lavoro. Se non hai vissuto quel periodo di confusione che il Superbonus ha portato, complice un enorme aumento dei prezzi, la possibilità di cedere il credito aveva dato il via libera a lavori avviati senza un deposito, o anticipo che dir si voglia, da parte del Cliente che cedeva all’impresa o alle banche le quali a fronte di enormi e complesse verifiche, ad ogni stato avanzamento lavori pagava quanto dovuto trattenendosi una piccola percentuale. Ovviamente conveniva a tutti fino a quando, almeno, le cose funzionavano. I problemi arrivarono non appena le banche iniziarono a bloccare i primi pagamenti e a non accettare più nuovi cessionari. A questo punto le imprese si fermarono in quanto, anticipando migliaia di euro di lavoro, avevano fondi scoperti e non potevano più pagare i loro prestatori d’opera ed i loro fornitori. Iniziò a rallentare tutto e, da qual momento in cui noi entrammo per avere le offerte delle imprese (che tempismo), iniziarono ad indietreggiare e mettere le mani avanti: se non hai i soldi da anticipare, il cantiere non parte.

Arriviamo a fine primavera 2023. Si presentò una impresa che promise cielo e terra e non ci fu’ mio avvertimento atto a mettere sull’attenti il Cliente. Ti assicuro con tutto me stesso che io provai a tirarlo indietro, accennando a possibili rischi. Ma ti dico un piccolo segreto: il cliente vuole sentire solo ciò che vuole. La verità lasciala fuori dalla porta. In tutto ciò è bastato una singola affermazione, di un collaboratore terzo, che ha detto “iniziamo che poi portiamo a conclusione, senza problemi” che venne firmato il contratto con l’impresa (fatto con i piedi) e iniziarono a cantierizzare l’area d’intervento.

Con tutto il mio disappunto, essendo anche il Direttore dei Lavori, misi sotto pressione l’impresa per ogni picchetto, martello, chiodo, rete, fili, cavi, seghe e bancali che portavano in cantiere. Ero lì, costantemente a supervisionare. Iniziarono l’opera da scavo e posizionarono i picchetti per inquadrare dell’immobile. Controllai tutto, verificai le misure ed il corretto posizionamento (ricordati la difficoltà del lotto angusto con i limiti dai confini veramente costretti) e mi ammalai. Purtroppo con i primi caldi, alternati ai venti freschi primaverili, rimasi una settimana fuori dai giochi.

Quando mi ripresentai in cantiere vidi le fondazioni gettate. In prima battuta stropicciai gli occhi. Ero ancora un po’ distante e mi accingevo ad attraversare longitudinalmente il lotto per recarmi vicino lo scavo. Vidi che invece della platea era presente un sistema a travi rovesce. Leggermente incredulo feci “spallucce”. Era presente il Direttore dei Lavori delle Opere Strutturali e sicuramente aveva dato un ordine per ottenere quanto migliore ottenibile a fronte di controlli prima dello sviluppo di casserature e disposizione dei ferri d’armatura.

Mentre riflettevo su questo, mentalmente qualcosa si stava delineando. Il mio subconscio bussò alla mia scatola cranica e pronunciò queste lettere distinte che rimbombavano dentro di me: “d – i – s – t – a – n – z – a“. Mi voltai, guardai indietro. Le fondazioni erano spostate rispetto a quanto da me controllato la settimana precedente. Interpellai l’impresa e l’ingegnere. L’ingegnere sorrise e pronunciò le parole più tremende e nel modo più sbagliato che potesse enunciare “eh te ne sei accorto allora?”

Penso di non essermi mai arrabbiato così tanto. Presi il responsabile dell’impresa di costruzione e facendomi misurare il picchetto originale, del corretto posizionamento dello spigolo delle fondazioni, con il nuovo punto uscì una misura fuori di testa: sei metri di traslazione. Sei metri, non sei centimetri, o sessanta centimetri. Ripeto, perché è ciò che è successo nella mia mente: sei metri.
Indiavolato come non mai feci misurare le distanze dai confini che, come da norme tecniche attuative, dovevano rispettare i 5 metri. Il lotto culminava come una Sac à poche2 e mentre l’impresa tendeva la fettuccia per misurare le distanze, il mio corpo tremava dal nervoso e dalla consapevolezza che essere giovane in un ambiente di senior, che tendono a comandare, non rendeva giustizia alla mia professionalità.

Archité!” sentì il capo cantiere che continuò “6,50 metri da questo lato” una piccola pausa per leggere il rigo successivo appuntato su di un foglietto “e 5,80 metri da quest’altro lato“.

Sfumatura verso il bianco.

Non ricordo effettivamente cosa successe, andai a prendermi un aperitivo con l’ingegnere che mi disse che la colpa ricadeva in una figura terza che, come legge impone, doveva rimanere fuori dal cantiere finché le opere non furono terminate: il collaudatore.

Il nostro Collaudatore è un ingegnere anziano, in pensione, che ha conosciuto il Cliente nel lontano 2021. Lui è colui che mi passò il Cliente. L’ingegnere anziano, non aveva più voglia di progettare e mi lasciò carta bianca per risolvere il progetto ed i problemi burocratici. Si ripresentò più di un anno e mezzo dopo al solo scopo di rimanere nel team facendo da collaudatore. Il mio pensiero corre immediatamente verso la ragione economica: le opere piccole, grazie al Superbonus, hanno visto compensi enormi.

Dopo varie telefonate, giorni passati a capire come risolvere il problema ti posso fare un sunto di ciò che realmente successe. Il Collaudatore era colui che aveva presentato l’impresa esecutrice al Cliente. Era colui che aveva “costretto” il Cliente a firmare il contratto perché altrimenti non avrebbe mai fatto i lavori, nonostante il Cliente aveva espressamente dichiarato di non avere capitale da investire ma “tanto con il superbonus, cedi il credito e non paghi nulla“. Il Collaudatore era l’unica figura che l’impresa ascoltava e fu’ lui – per far lavorare più comodamente gli operai avendo il terreno con una pendenza pronunciata – a far spostare di sei metri tutta la struttura senza considerare le distanze dai confini.

Ovviamente feci la mia parte: incontrai il Cliente e gli spiegai tutto, per filo e per segno. Gli esposi principalmente i rischi del Superbonus e delle verifiche e a quali sanzioni sarebbe andato incontro. Ma ovviamente, il primo punto è che stava andando verso una enorme difformità urbanistica non sanabile. La giunzione di demolizione sarebbe potuta arrivare in ogni momento. Il Cliente ascoltò tutto, vedevo un briciolo di preoccupazione e mi disse, alla fine del mio discorso: “ma io ho bisogno della casa“. A questo punto mi presi un giorno per pensare e contattai il Collaudatore. Mi sono sentito cattivo, ma il rispetto in delle fasi così delicate, è la prima cosa. Non rispettare una figura superiore, in me nella qualità di Direttore dei Lavori, dando ordini per conto mio senza averne l’autorizzazione dovendo, lui, essere una figura estranea al cantiere stesso: mi fece impostare un tono di voce perentorio e, mi dispiace ammetterlo, un pochino aggressivo.
Dentro di me ero preoccupato. Era effettivamente una delle mie prime esperienze ed essere il più giovane certamente non aiutava. Mi sentivo un po’ in soggezione ma riuscii a farmi rispettare. Esposi tutto quanto avevo in corpo, dalla sua irresponsabilità e al fatto che da collaudatore non doveva interferire nel cantiere e che tutto doveva passare sotto il mio ordine. Anche lui ascoltò tutto e cercò di scusarsi a modo suo con la seguente affermazione: “Architetto non preoccuparti, a fine lavori tiriamo i confini più in là e risolviamo“. Con mio stupore gli chiesi se stesse scherzando ma capii che era serio. Da premettere che il terreno confinante era edificabile e che, a prescindere dal fatto che queste cose all’italiana sono il cancro dell’edilizia nostrana, qualsiasi futuro costruttore si sarebbe sfregato le mani per avviare una causa così succulenta notando che gli erano stati rubati metri per la propria cubatura. Il Cliente e, noi tutti, saremmo entrati in una spirale fatta di avvocati e tribunali con lo stato a bussare alla nostra porta per chiedere i crediti degli incentivi. Stava per capitare qualcosa più grande di me.

Chiamai il Cliente e gli dissi che se avrebbe voluto continuare con il sottoscritto doveva accettare la demolizione delle fondazioni e ripristinare lo stato del progetto. Il mio parlare era come stare avanti ad un muro. Ogni parola rimbalzava e io non avevo più modo di togliere dalla sua idea del “tanto chi controlla” “andiamo vanti” “voglio la casa“.
Se hai visto il film Inception3 immagina una trottola che gira dentro il suo corpo che ha una semplice idea instillata: siamo in Italia, tutti rubano, io voglio la casa, nessuno mi controllerà mai.

A questo punto non avevo alternative, dovevo proteggere la mia professione iniziata da pochi anni. Non potevo rischiare per deontologia professionale, personale e per responsabilità civile (per non parlare del penale). Inviai le mie dimissioni da Direttore dei Lavori abbonando quanto avevo maturato per le mie spettanze. Non volevo un euro da quel cantiere così caotico.

Ormai sono passati un po’ di mesi, il Cliente non l’ho più sentito. Ci siamo salutati senza frizioni. Ogni tanto vedo il Collaudatore che comunque saluta portandomi rispetto. Continuo a collaborare, per altri lavori, con l’ingegnere D.L. delle opere strutturali che, pochi giorni dalla stesura di questo articolo, contattandomi telefonicamente mi ha confermato che i lavori, da quel giorno, si sono fermati perché non ci sono più i fondi. Che il Cliente non può anticipare nulla e che è impossibile trovare banche disposte ad acquisire i crediti. Contando il caos normativo e che lo stato ha idea di smantellare i Bonus edilizi così come li conosciamo oggi, mi prendo il più bel complemento che l’ingegnere mi ha dato, facendosi una risata: “Archité, hai fatto bene a prendere i soldi (n.d.r. della sola progettazione) e scappare

Ricorda che a volte saper dire di no, saper rifiutare vale più di mille sì.

  1. Con il termine “cantierizzato” intendo un progetto portato almeno alla fase di inizio lavori, dove l’impresa inizia ad interagire con il lotto di edificazione per creare l’Opera. ↩︎
  2. La tasca da pasticciere è un utensile da cucina. Il corpo è formato da una sorta di sacchetto di forma triangolare la cui punta termina nella bocchetta decorativa. ↩︎
  3. Inception è un film del 2010 scritto e diretto da Christopher Nolan. ↩︎

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